martedì 27 settembre 2011

Te Paki

Dopo la parentesi etinico-mistica di Cape Reinga e una improvvisata colazione su quattro ruote (ferme), puntiamo il muso della Sirion verso sud per tornare sui nostri passi. Un rapido sguardo di una ventina di minuti alla cartina coglie una scritta ai nostri occhi irresistibile: Dune di sabbia... GIGANTI!! Seguiamo l'indicazione buttandoci giù per una strada sterrata. Sapevamo che in quella località inizava la lunghissima 90 miles beach, una spiaggia lunga oltre cento chilometri, meta di pazzoidi in fuoristrada che, rischiando l'impantanamento si divertono a pecorrerla in lungo e in largo. L'idea di una corsetta col macinino era allettante, ma il gaudo da affrontare ancor prima della spiaggia vera e propria e l'aver letto di sabbie mobili e carcasse di veicoli, ci ha fatto rapidamente cambiare idea.
 Poco male, perchè dopo l'ultima curva, un'enorme duna di sabbia si è materializzata davanti ai nostri occhi e una mucca, spostandosi, ci ha liberato la via per raggiungerla.
 Un rapido e atletico attraversamento del ruscello e via in mezzo alle dune, come fossimo beduini. Colti da un improvviso quanto inspiegabile entusiasmo, decidiamo di scalare la più alta a portata di mano. Una pendenza del 70% stimato, un terreno franabile (cit.) oltre ogni immaginazione e la nostra inatleticità estrema hanno trasformato la scalata della duna in un pietoso trascinarsi. Più che salirla, la facevamo scendere. In ogni modo, una volta giunti in cima senza fiato, lo spettacolo di fronte ai nostri occhi ci ha lasciato anche senza parole. Altra sabbia, altre dune. Decidiamo di separarci. Sara percorreva un tracciato pianeggiante mentre Marco perseverava, forte della sua esperienza da scalatore di dune, ripetendo la scalata su un cumulo più amichevole.
 Da lontano, guardando a ovest, oltre la sabbia, 90 mile beach e il Mar di Tasmania.
 

Cape Reinga

Il sole lentamente si alza dietro le morbide curve delle colline e i suoi raggi illuminano il più sacro luogo Maori. All'estremità di questa sottile lingua di terra si trova infatti il punto da cui, secondo la tradizione, le anime partono per Hawaiki, l'aldilà. Già dal parcheggio, una sorta di portale fa capire di non essere in un luogo come gli altri. Attraversandolo vengono riprodotti suoni e sussurri simili al vento tra gli alberi, probabilmente gli stessi che i primi maori, secondo la leggenda, hanno sentito e interpretato come i sussurri delle anime che partono per l'aldilà. Sempre dal parcheggio una rete di camminamenti si dipana permettendo di esplorare l'area senza calpestare il suolo sacro sul quale, in segno di rispetto, è richiesto di non mangiare né bere.
Uno di questi permette di vedere l'albero sacro, un pohutukawa dalle cui radici le anime possono scendere nell'aldilà. Quest'albero di ottocento anni cresce abbarbicato ad uno scoglio e, a memoria d'uomo, non è mai stato visto fiorire. Il terreno su cui cresce è così sacro da essere persino proibito l'avvicinarsi. Tra quegli stessi scogli nasce una sorgente. La leggenda dice che le anime dei defunti possono scegliere: bere l'acqua e partire per l'aldilà oppure non bere e restare.

Cape Reinga è anche il luogo in cui il Mar di Tasmania si incontra con l'Oceano Pacifico. E' un punto in cui un particolare incrocio di correnti dà origine a turbolenze e increspamenti visibili dal tracciato. Inoltre è sede di un piccolo faro, tra i più visitati e fotografati.

L'alba a Cape Reinga

Dopo le splendide spiaggie di Piha e Karekare, decidiamo di puntare a nord verso la punta estrema dell'isola. Lungo era il cammino da percorrere e sicuramente sarebbe stata necessaria una tappa a metà strada, ad esempio in un interessante (leggi economico) backpacker a Waipu. L'auto correva veloce (cit.) e Marco decise che avremmo potuto tirare avanti ancora un po' fino alla successiva città di Whangarei. Sara fece notare i decisamente restrittivi orari degli esercizi commerciali di questo Paese. Marco se ne infischiò bellamente con un "eh, figurati se un campeggio non ha qualcuno lì ad aspettare eventuali viaggiatori". Detto, fatto.
Arriviamo a Whangarei alle otto e quarantacinque, in una città buia e deserta, animata solo da pochi frettolosi passanti ubriachi. Individuiamo il campeggio solo grazie al GPS, in quanto persino l'insegna era spenta. In Marco cominciò a farsi strada il dubbo di aver fatto una puttanata peccato di eccessivo ottimismo, dubbio che diventò certezza quando, avvicinatosi al gabbiotto (buio e deserto anch'esso) lesse l'orario di chiusura: un laconico 8:30 che non lasciava presagire nulla di buono riguardo alla nottata... Sara, dimostrando una sorprendente calma kiwi, commentò con un "te l'avevo detto, no, che chiudevano presto?".  Si prospettava una nottata impegnativa. Decidiamo per una sosta al McDonald's più vicino, in modo da raffreddare gli spiriti, confortarci con qualcosa di buono e decidere il da farsi. Sara, ricordandomi la coperta in maccina, prospettava una notte accoccolati nell'abitacolo invaso dai bagagli. "Se devo dormire in macchina, preferisco farlo mentre viaggio." affermò di rimando Marco. E subito aggiunse "intendevo che si potrebbe fare una dormitina ogni tanto lungo il percorso, onde evitare inopportuni colpi di sonno". E mentre pronunciava la parola "inopportuni", uno zelante cameriere giunse al tavolo per informarci che di lì a cinque minuti il locale avrebbe chiuso. Inenarrabili offese attraversarono la mente di Marco mentre Sara rideva sommessamente sapendo quello che il suo compagno stava pensando del cameriere, di sua madre e del locale. Con uno scatto degno del migliore opossum suicida, Marco si lancia verso il bancone del caffé ordinando un "short black espresso, no hot water".
Risaliti in macchina, riprogrammiamo il tomtom e ci prepariamo alla nottata. Il caffè bruciato dà la giusta sferzata e ripartiamo alla volta di Cape Reinga.
Chilometro dopo chilometro, opossum dopo opossum, la penisola si srotola sotto le ruote del macinino verde che ci trasporta, mentre la notte si fa sempre più fonda. Il sonno comincia a farsi sentire e Marco decide per una prima sosta in una stradina laterale, sterrata e (manco a dirlo) deserta. Ci accomodiamo, per quanto possibile, ci copriamo con la coperta e, mentre diceva "dormiamo una ventina di minu..zzzz", Marco cadde addormentato, con un pò più di fatica Sara lo seguì. Poche decine di minuti di sonno e ripartiamo. Nuovamente la notte ricomincia a scorrere e città dai nomi impronunciabili, scure e deserte si susseguono senza sosta. Come una illuminazione, un cartello indicatore segnala, a poca distanza, la presenza di un invitante "Nocturnal park". Cosa c'è di più notturno di guidare all'una di notte? Dimentichi del paese in cui ci troviamo, seguiamo l'indicazione per alcuni chilometri fino a giungere di fronte al cancello chiuso con il solito cartello "close at 9:00pm". Interrogandoci sul significato che la parola "nocturnal" ha per i neozelandesi, torniamo sui nostri passi e riprendiamo la strada maestra.
Finalmente, tre ore di asfalto dopo, giungiamo ai confini della Apouri Peninsula e la meta comincia a sembrare a portata di mano. Sono le quattro e passa di mattina e decidiamo per una ultima sosta prima di affrontare gli ultimi centoventi chilometri. Niente luna, niente luci artificiali, solo qualche raro autotreno rendono il cielo più stellato che mai, mentre la costellazione di Orione a testa in giù ci ricorda che siamo molto, molto lontani da casa.
Comodi, coperta, sonno, sveglia, e poi strada, strada, strada fino a quando, alle sei di mattina: l'alba a Cape Reinga.

Le strade neozelandesi

SH1
La Nuova Zelanda è un paese piuttosto montuoso ed ha una grande quantità di unsealed roads, strade sterrate. Ovviamente esistono anche le highway, le autostrade. Alcune di queste hanno persino un pedaggio da pagare direttamente on-line sul sito delle autostrade. Una di queste highway è la SH1, che attraversa lo stato dalla punta nord a quella sud. A dirla tutta però, le autostrade corrispondono alle nostre strade provinciali con una corsia per direzione e qualche brevissimo tratto di doppia corsia pensato per i sorpassi. Non c'è dunque da stupirsi se il limite di velocità è fissato a 100 chilometri orari nelle aree extraurbane. Che po i cento..... c'è da avere un gran coraggio a guidare a quella velocità: tra curve a gomito e burroni è meglio star calmini e godersi il paesaggio. E poi ci sono i kiwi, non i simpatici uccelli, no no, nemmeno i frutti verdi o gialli. I kiwi: a bordo di sgangherati furgoncini, ti si incollano al paraurti in attesa della prima occasione utile per sorpassarti e correre non si sa dove, come non ci fosse un domani. Voi state andando ai cento guidando la macchina come fosse un bob e uno str..ano personaggio a bordo di un Rascal bianco, evidentemente miope per la distanza a cui deve leggermi la targa, bello come il sole mi abbronza il paraurti e con uno scarto suicida si butta contromano su due ruote e sparisce strombazzando dietro la curva successiva.
E poi ci sono gli opossum. Immaginate una scimmietta con un grazioso pigiamino di morbida pelliccia. Fatto? Ecco, ora immaginatelo spalmato sull'asfalto, come un morbido cucchiaio di filadelfia all'opossum.
Dovete sapere che la NZ è invasa (infestata è la parola giusta) da questi morbidi animaletti notturni della grandezza di un gatto, importati dall'australia per la loro morbida pelliccia. A suo tempo sono fuggiti dagli allevamenti neozelandesi in un ambiente privo di predatori. Il risultato fu una esplosione demografica e l'apertura di una lotta senza quartiere dello Stato contro questo pelliccioso flagello. Il caso vuole che l'opossum, dalle rosee zampine nude, sembri apprezzare particolarmente il calore e la consistenza dell'asfalto. Unite questo con la guida kiwi ed ecco che ogni notte centinaia di animaletti ritornano al Grande Opossum dopo uno sfortunato incontro-scontro con qualche veicolo. Nella nostra traversata notturna tra Auckland e Cape Reinga abbiamo incontrato decine di questi mammiferi dai grandi occhi nocciola ma solo uno ci ha colpito particolarmente. Povero, lui.

lunedì 26 settembre 2011

Karekare Beach


Pochi km a sud di Piha si trova Karekare beach. Si raggiunge da un paio di sentieri che scendono in mezzo al bush fino alla spiaggia resa famosa dal film "Lezioni di piano". Anche qui sabbia nera per centinaia di metri che brilla sotto il sole e un mare che non perdona. Alcuni grossi scogli affiorano sulla spiaggia, con le basi ricoperte dalle verdi cozze del Pacifico e da altri animali che attendono pazientemente il ritorno dell'alta marea.



domenica 25 settembre 2011

Titirangi

La Nuova Zelanda è così: giri una curva, ti infili giù per un sentiero e scopri luoghi che ti tolgono il fiato... per esempio, un cartello di legno indicava, a pochi minuti di cammino, la presenza di una cascata. Il tempo di girare la macchina ed eccola sbucare in lontananza. 
Ecco l'imbocco del sentiero, segui, gira...
Ed eccoci, senza parole di fronte alle Fairy Falls di Titirangi

Piha Beach

La Lion's Rock


Sabbia nera, onde su onde e una grossa formazione rocciosa chiamata Lion Rock. Questa è Piha, paradiso dei surfisti a sud ovest di Auckland. Qui è tutto molto kiwi. Mancano infatti bancomat, ristoranti, benzinai e tutto ciò che noi europei fighetti riteniamo indispensabile per definire un centro
abitato. A Piha c'è il Piha Store, che qui da voi potrebbe corrispondere a un bar anche poco fornito.
Il meglio doveva ancora venire: perchè alloggiare nel solito backpacker (ostello) quando c'è il Piha Surf Lodge?
Roulotte, mare, fango, latrine e surfisti in un connubio meravigliosmente kiwi.
"Le docce, parla delle docce!"
Le docce? La doccia era un soffione attaccato a un tubo di gomma, attaccato a una pompa, riscaldata da uno scaldabagno a gas di probabile origine sovietica, alimentato da una bombola di gas nel bagno. Il tutto era contenuto da una vasca sradicata chissà dove ed andava attivato secondo una precisa sequenza in tre step la morte istantanea. A coronare il quadretto, il capanno degli attrezzi che faceva da antibagno. Bellissimo. Il cesso era una buca di circa tre metri con una cabina intorno e una graziosa tavoletta del cesso inchiodata sul bordo. Sulla porta interna, foto di surfisti e splendidi mari. Bello, si ma nulla in confronto alla bellezza selvaggia e letale della spiaggia che con correnti, onde e rocce, ogni anno fa qualche vittima.

sabato 24 settembre 2011

Nella Weta Cave

 
Weta è una dei più importanti studi di effetti speciali del mondo e ha nel suo "album dei ricordini" film come la trilogia del Signore degli Anelli, Avatar, District nine e King Kong, oltre a diversi videogames. Mentre i workshop principali sono situati a Wellington, venuti a sapere del nostro arrivo, si sono affrettati ad aprire una piccola filiale nei sotterranei della Sky Tower di Auckland. Il posto è piccolo ma racchiude autentici tesori come riproduzioni a grandezza naturale di alcuni personaggi dei suddetti film e modellini creati dagli artisti originali dei film. Tutto quanto è in vendita, ovviamente a prezzi stratosferici; d'altra parte piena era la libertà di fotografare tutto ciò che NON si muoveva, anche in pose alquanto imbarazzanti.

venerdì 23 settembre 2011

Sushi e torri

Eccoci qua, in questa capitalina (perchè la vera capitale kiwi è Wellingtion) dell'emisfero sud. Grattacieli, torri come la Sky Tower della foto e una miriade di ristoranti coreo-nippo-cino-tailandesi sorgono su una cinquantina di coni vulcanici spenti (per ora)
Questo fa sì che camminare per alcune vie, nella fattispecie quelle che si dirigono verso il porto, possano rivelarsi uno spiacevole esercizio cardiocircolatorio.

Nella seconda foto potete avere un piccolo assaggio di ciò che ci ha sfamato in questi primi due giorni. I sushettari sono frequenti quasi come i tabacchini in Italia, con i loro banchetti che espongono scatoline pronte a pochi dollari: un pasto economico e gustoso per gli squattrinati come noi.


Habemus machinam!

Dopo diverse peripezie e fraintendimenti, siamo finalmente riusciti ad avere un mezzo di trasporto diverso dai nostri piedi. L'idea originale era di trovare una station wagon o simile, ma un'offerta e il borsellino ci hanno fatto scendere a compromessi. Dopotutto rispetta i 3 requisiti fondamentali: avere 4 ruote, andare avanti e trasportare noi e i bagagli. A pensarci bene poteva anche essere sufficiente un carro trainato da buoi. ma si sa, la comodità non ha prezzo!

mercoledì 21 settembre 2011

Per chi volesse...

...seguire l'andamento del mio volo,
www.flightstats.com e poi cercate i voli ek136 ed ek434

E questo qua sotto dev'essere il mio aereo...


martedì 20 settembre 2011

E si va...


Primo post di questo viaggio di quaranta giorni che mi porterà dall'altra parte del mondo

Tra un 'oretta potrò imbarcarmi, ma nel frattempo ammazzo il tempo gironzolando, inorridendo per i prezzi da terrorista che hanno qui in aeroporto... A proposito: Sapete come si fa decidere i prezzi del duty free? Si prende il prezzo normale di un prodotto, si alza del 30% e poi ci si mette sopra un bel cartellino che ricarda come il prezzo sia stato abbassato BEN del 20%... Are U F***ing kidding me?Torniamo a leggere il corriere che ho trovato su questa panchina, va'...Ps. Si può dire "ammazzo" in aeroporto? E "terrorista"? Ups...

venerdì 16 settembre 2011

Quando il dovere finisce...

Venerdì scorso è stato il mio ultimo giorno di lavoro. Un HURRA' per me! Dopo tanto lavoro in campagna, finalmente le agognate vacanze, e che vacanze! 

La cosa più complicata ora è preparare i bagagli. Eh sì, perchè un anno fa arrivai con una valigia e ora devo ripartire con la stessa valigia, ma ovviamente la mia roba si è raddoppiata come per magia. Ai Ai!! Per fortuna mi sono ritagliata ben 10 giorni prima dell'arrivo di Marco e dell'inizio del nostro viaggio.

PRIMO TENTATIVO: comprare uno zainone da campeggio in modo da avere un secondo bagaglio e poterlo comunque usare durante il mio mese di turisticheggiamento.
Ebbene, ieri ho riempito la valigia e lo zainone. Ho pesato lo zainone che è risultato meno di 10 kg, quindi mi sono detta che forse è il caso di spostare tutte le cose più pesanti nello zainone e sperare in una valigia sotto i 23kg consentiti. 
Problema risolto? eh, non è mica così semplice, perchè dando un'occhiata alla mia stanza, dopo aver riempito i bagagli mi avanzavano un pò di cose tipo l'accappatoio "spaziale" (quello di microfibra, che si appallottola e occupa circa lo spazio di un paio di infradito), l'enorme beautycase e troppi altri "ecc ecc"....

SECONDO TENTATIVO: passare in posta a recuperare lo scatolone più grande a disposizione e spedire un pò di vestiti. Sì, questa pare la soluzione migliore.

Quindi a casa! Si ricomincia ad organizzare i bagagli. Una piccola foto ricordo di questi giorni di profonda de-organizzazione. Per intenderci: tutto ciò che si trova sul letto deve finire in valigia!

Sì, anche il gatto!!! Ha deciso lui di andarsi a riporre sui pantaloni, quindi verrà con me! 
OJ, dove preferisci, nella valigia o nello zainone?

giovedì 1 settembre 2011

1 settembre

Oggi è primavera!
Condivido con voi la prima coccinella trovata tra i mirtilli in fiore.