venerdì 28 ottobre 2011

L'Albatross


Su questa scogliera, se si ha un pò di pazienza e fortuna, si ha la possibilità di avvistare uno dei più grandi uccelli che veleggiano sugli oceani. La Otago Peninsula è infatti uno dei pochissimi luoghi in cui l'Albatross Reale nidifica sulla terraferma. Ok, la Nuova Zelanda non è proprio terraferma, ma è grande abbastanza da poterla considerare tale.

Vederlo volteggiare in mezzo ai gabbiani fa rendere conto delle sue enormi dimensioni, che possono raggiungere la media di 3 metri di apertura alare. 

lunedì 24 ottobre 2011

Non di sola natura è fatta la Nuova Zelanda

No, non è magia, è Baldwin street!

Ogni anno ad Dunedin si tiene la "straccia budella", una corsa alla quale partecipano nuvole di atleti e non, lungo la via più ripida del mondo: Baldwin street.
Con una pendenza media del 29% e punta del 34%, questa strada è l'incubo dei pigri e dei frenisti.
Noi, da turisti estremamente intelligenti, l'abbiamo occupata per una buona mezz'ora iniziando dall'obbligata salita e discesa in macchina... 
seguita dalla micidiale scarpinata che ci ha ridotti ad uno straccio. 

Quando fa buio

Quando fa buio, in Nuova Zelanda è facile fare degli incontri strani. 

Puoi imbatterti in un riccio che gironzola per i prati...

nel timido pinguino blu che torna a riva dopo il tramonto e una giornata di pesca...

o puoi rischiare di inciampare in una foca che russa sulla passerella pedonale che costeggia la spiaggia.

Alle 7 della sera


 Alle 7 della sera i pinguini degli antipodi risalgono dal mare....
Si arrampicano fino al nido nascosto tra gli arbusti in cima alla scogliera...
e iniziano il loro social time fatto di urlacci e colpi d'ali.

sabato 22 ottobre 2011

Franz Josef Glacier

Dopo le scalate delle dune dell'isola del nord eccoci a scalare i ghiacciai dell'isola del sud. Il ghiacciaio Franz Josef, grande meta turistica, offre escursioni di vario tipo dalla scarpinata di 2, 4 e 8 ore al volo in elicottero. Noi ci siamo accontentati di una visita di mezza giornata. E così, ramponi ai piedi e via tra stupende sculture di ghiaccio naturali che ogni giorno cambiano forma e posizione nel loro incessante scivolare a valle.




venerdì 21 ottobre 2011

Semplicità Kiwi

Benvenuti!
La reception al momento è chiusa, ma siete i benvenuti a fare il check in autonomamente: scrivete il vostro nome nello spazio e prendete una chiave dalla lavagna. Avete prenotato? Prendete semplicemente la chiave. Telefonateci se avete problemi. 

Queenstown

Bungee jumping commerciale più antico del mondo.

martedì 18 ottobre 2011

Harwood's Hole

Il più grande tomo (ingresso di una caverna) di tutto l'emisfero australe. Profondo 400 metri e largo 70. Presenta uno strapiombo verticale di 183 metri. Per raggiungerlo si percorre una piacevole passeggiata in uno dei boschi più belli incontrati finora: il bosco di Canaan.



lunedì 17 ottobre 2011

Abel Tasman National Park in kayak

Galvanizzati dalla recente esperienza in grotta, tronfi per il nostro sucesso, sentivamo di tenere il mondo in una mano e di essere in grado di affrontare qualsiasi altra avventura. Con queste premesse ci siamo diretti verso Marahau, porta di accesso a uno dei parchi naturali più belli della Nuova Zelanda: l'Abel Tasman National Park. Avevamo sentito dire che uno dei mezzi migliori per godere della bellezza della sua costa era il kayak. Alloggiati all'ostello Barn, abbiamo spulciato i numerosi depliant che proponevano mirabolanti escursioni di varia durata, accomunate dal ritorno in acquataxi o, peggio, a piedi. Finalmente l'occhio acuto di Marco cade su un volantino che propone una giornata in kayak, andata e ritorno, ad un prezzo accessibile e con pranzo incluso. A cinque minuti dalla chiusura, dopo un rapido cenno d'intesa, decidiamo che una intera giornata di kayak senza sapere nemmeno come pagaiare e senza una minima preparazione atletica"si può fare". Prenotiamo per l'indomani mattina alle otto.
La sveglia ci colpisce senza pietà e dopo una colazione da campioni andiamo presso la sede di Kuha Kayak, dove ci aspettava Gies, la nostra guida. Insieme a noi un'altra coppia di sciagurati. Il cielo plumbeo che da ormai venti giorni ci accompagnava in ogni nostro spostamento non lasciava presagire nulla di buono. Si prevedevano pioggia e forse vento nel pomeriggo, cosa poco raccomandabile quando ti trovi in mare a cavalcare una suppostona gialla. In ogni caso, tranquillizzati dalle previsioni insospettabilente clementi, decidiamo di rischiare.
Indossiamo, una giacca antivento, un giubbotto di salvataggio e un ridicolo gonnellino elastico di neoprene, prolungato sul davanti e sicuramente degno di una lady gaga. Saliamo sul solito furgoncino che questa volta trainava un carrello con 4 kayak, dei quali due monoposto. Insieme a noi l'altra coppia, ugualmente abbigliata a parte una graziosa coppia di cappellini coordinati.
Ci vengono spiegate alcune nozioni basilari sul come entrare nel kayak, le basi del pagaiamento (!!???) e come uscirne in caso di attacco di pinguini. Saliamo e veniamo spinti in acqua. Jes mi ricorda che, essendo dietro avre dovuto seguire il ritmo dato da Sara e sarei stato al timone, da manvrare coi piedi.
In questo frangente risultarono subito evidenti le terribili limitazioni dell'essere umano maschile. La peggiore di queste è sicuramente la nota incapacità di compiere più azioni contemporaneamente: pagaiare e mantenere la rotta allo stesso tempo mi era impossibile. Figuriamoci mantenere il ritmo di Sara...
Mentre io e lei cercavamo di coordinare le pagaiate o perlomeno di muoverci in avanti, l'altra coppia filava in perfetta sincronia verso la costa come una galera lanciata a tutta velocità. Lentamente capiamo come gestire il kayak, anche se non c'era comunque verso di muovere all'unisono le pagaie. Puntiamo verso Adele Island, riserva naturale abitata da uccelli nativi e alcune foche, mentre una fastidiosa pioggerellina scendeva su di noi.
Il giro prosegue con incagliamenti nella sabbia, brevi escursioni, con tanto di balzi atletici per attraversare piccoli torrenti, e picnic su calette deserte e lussureggianti raggiungibili solo via mare. Alla fine il tempo è stato più che dignitoso, permettendoci di godere pienamente di questo gioiello situato nel nord della south island.

Sweet as, bro!

Warm spring

In Nuova Zelanda è evidente che ci siano legioni di assessori al turismo che si aggirano battendo il territorio dello stato palmo a palmo, in cerca di cose interessanti. Una volta individuati, sorridono soddisfatti e ci mettono sopra un cartello, fosse anche solo una pozzanghera a lato della strada. Perchè proprio lei, proprio quella pozzanghera si distingue fra tutte le altre per il suo essere tiepida

giovedì 13 ottobre 2011

Rap Raft 'n Rock parte 2

Comincio a calarmi regolando la velocità come ci aveva insegnato Simon e comincio a prenderci gusto. Arrivato a dieci metri da terra mi sentivo già un ninja. Tocco terra goffamente e rimango con la corda bloccata. Salgo su un sasso e mi libero. 
Mi sposto verso il punto prestabilito camminando lungo il fiume per alcuni metri e scopro la bontà dei miei stivali, che in due passi due si allagano.
 Scende la Sara e dopo di lei tutti gli altri. Compattato il gruppo, accendiamo le luci dei caschi e ci incamminiamo controcorrente nel buio della grotta.
 L'acqua è gelida, ma la muta ci protegge. La roccia invece è dura, e il casco fa il suo lavoro.
 D'un tratto Simon si ferma e ci dice, ok, adesso dovete infilarvi in quel buco e scendere giù. Lo guardo come se mi avesse chiesto di appendermi sopra trenta metri di strapiombo e guardo il buco.
No, ma davvero? Beh, l'acqua sarà alta.. se non c'è altra strada...
 Mi infilo nel pertugio incredulo e passo dall'altra parte. Diamine, sono agile come un barbapapà. Solo più tardi, affrontati diversi altri pertugi nelle maniere più disparate, ho scoperto che si trattava solo di semplice divertimento. Dannati Kiwi.
Rinfrancato nell'animo, proseguo insieme agli altri. Giungiamo in una enorme camera dove Simon ci chiede di spegnere le luci per vedere i glowworm. Questi animaletti, in breve, trascorrono la maggior parte della loro vita sotto forma di verme trasparente attaccato al soffitto di una grotta buia e umida, facendo colare fili di bava per catturare le prede attirate dalla luminescenza blu prodotta dalle loro terga, per poi rinascere da adulti senza bocca e passare gli ultimi giorni della loro vita accoppiandosi come non ci fosse un domani. Che in effetti non c'è. Il risultato di questa inutile esistenza è un magnifico spettacolo  di migliaia di piccole luci azzurre che tempestano il soffitto della caverna dando l'effetto di un cielo stellato.
Se avete 3 minuti e volete conoscere meglio cosa sono i glowworm, ecco un estratto di documentario della BBC girato 
in una di queste caverne del Waitomo.

Accendiamo le torce e montiamo sui gommoni. Gommoni? Accatastati in un angolo una mucchia di enormi gomme di camion aspettava le nostre umide e gommate terga. Un salto e via, a farsi trascinare dalla corrente del fiume sotterraneo.
 Sassi, cascatelle e rocce ci scivolavano intorno, fino a quando, allargatosi il fiume, Simon ci dà  lo stop. Dopo una breve merenda a base di cioccolato e Fanta riscaldata (!!!), riprendiamo in senso contrario il percorso fino alla risalita. Eravamo scesi appesi ad una corda e appesi ad una corda saremmo dovuti risalire. A braccia. Arrampicandoci. Si, perchè la corda era solo quella di sicurezza e i venti metri di parete ce li saremmo dovuti sudare. Parte la guida, salendo la parete come un camoscio e subito dopo vado io. Mi lego e studio la parete. Si può fare. Salgo come un camoscio zoppo, ubriaco e immerso nei suoi pensieri, ma salgo. Arrivo su attendo un po' in ansia la Sara che, coi consigli dei compagni di escursione, la forza sovrumana data dalla fifa e l'aiuto non si sa bene quale divinità, giunge "agevolmente" in cima. Siamo sani, salvi e orgogliosi della nostra IMPRESA. Talmente orgogliosi che nemmeno ci accorgiamo di quanto puzziamo, dopo cinque ore a sudare stretti in una muta di gomma, a mollo in acque fredde e torbide. Dopotutto si chiama Black Water Rafting, no? Bellissimo!!!

mercoledì 12 ottobre 2011

Rap Raft 'n Rock parte 1

Alla fine della giornata ho capito perchè in fase di prenotazione ci hanno chiesto il numero della carta di credito. Avevamo letto bene o male di cosa si trattasse sul dettagliato depliant, e ci avevano anche confermato che si trattava di uno dei migliori giri organizzatti nelle grotte del ridente Waitomo.
Avevamo letto, ma come spesso accade, fino all'ultimo non ci eravamo resi conto di ciò a cui andavamo incontro. Prenotiamo per il giorno successivo, alle tre di pomeriggio. 
L'indomani, dopo un salubre pasto a base di pollo fritto e patatine, ci incamminiamo verso l'indirizzo segnato sul volantino. Lungo la strada un gentile manichino in muta e caschetto ci indica la stradina polverosa. Entriamo, segnamo nome, email, peso corporeo e dichiariamo di non avere diabete, malattie cardiache, epilessia ed altre sfighe che ci condurrebbero verso morte sicura. Saliamo incespicando a bordo di uno sgangherato pulmino (v.post "Le strade neozelandesi") insieme ad altri quattro americani sciagurati -che scopriremo successivamente essere una famiglia- e  via, sobbalzando su per strade mano a mano sempre più indegne di essere chiamate tali. Arrivati al campo base "saltiamo" giù dal mezzo. Per campo base si intendono due container e una labirintica baracca fornita di tre docce in lamierino, un cesso da incubo e due spogliatoi. Il tutto squisitamente kiwi.
 Simon, la nostra guida, dopo le presentazioni di rito, ci consegna i due pezzi della muta, il caschetto, ci invita a scegliere un opportuno paio di scarponi dalla rastrelliera e ci intima di non orinare nell'equipaggiamento. Vi risparmio il successivo, pietoso spettacolo dell vestizione. Stretto nell'abito come la Marini dei bei tempi andati, indosso l'imbragatura. Il semplice movimento di tirare una cinghia in corrispondenza dell'anca sinistra mi provoca un crampo e una frustata di dolore.
Cominciamo bene. 
Tutti nuovamente sul pulmino e via.
 Scendiamo e dopo poche centinaia di metri, impacchettati nella muta come salami sottovuoto, arriviamo a una staccionata alla quale sono attaccate alcune corde che utilizziamo per un rapido corso di sopravvivenza alla discesa in corda doppia. Sembra facile, ce la possiamo fare. Trotterelliamo ignari di ciò a cui stiamo andando incontro e raggiungiamo l'imboccatura della grotta. Un enorme crepaccio buio, umido e con un fiume torbido e impetuoso sul fondo si mostra di fronte ai nostri piedi. Sta scherzando, penso subito. Vorrei scappare ma la muta e le persone dietro di me me lo impediscono. Maledetta curiosità che mi ha fatto andar per primo. Lego l'imbracatura alla corda come appena imparato, mi attacca alla corda di sicurezza e...
E mo'? Guardo giù e mi terrorizzo pensando di dovermi buttare. E mo'? Siediti, dice semplicemente Simon. Lo guardo come se mi avesse detto di ingoiare un cactus e, malgrado tutto, lo faccio. Ecco. Sono sospeso. E mo'? Sotto di me 27 metri di incertezza. Dai, dopotutto si può fare.

Tane Mahuta

Tane Mahuta, il signore della foresta, è un enorme Kauri, che troneggia nella Waipoua Forest Reserve uno degli ultimi santuari di questi enormi alberi che una volta coprivano il nord della Nuova Zelanda. La leggenda maori vuole che si tratti del figlio di Ranginui, il padre del cielo, e di Papatuanuku, madre della terra. Tane divise l'abbraccio primordiale dei genitori per portare luce, spazio e aria e permettere alla Vita di fiorire. Tane è il donatore di vita, tutte le creature viventi sono sue figlie. 


Con i suoi 51 metri di altezza e i 13 metri di circonferenza, è il più grande e vecchio kauri (quasi duemila anni) ancora in vita della Nuova Zelanda. L'intenso utilizzo da parte dell'uomo prima e una malattia fungina dopo, hanno decimato la popolazione portandola sull'orlo dell'estinzione.
 Nella stessa foresta si trovano anche Te Matua Ngahere, il secondo kauri per dimensioni e, poco più in là, The Four Sisters, un gruppo di quattro kauri che crescono a stretta distanza l'uno dall'altro. 
Da anni il governo neozelandese tutela questi giganti della foresta, testimoni di una terra selvaggia che, nonostante le ferite inflitte, sta forse riuscendo a trovare un equilibrio con l'uomo.
Te Matua Ngahere

The Four Sisters