martedì 27 settembre 2011

L'alba a Cape Reinga

Dopo le splendide spiaggie di Piha e Karekare, decidiamo di puntare a nord verso la punta estrema dell'isola. Lungo era il cammino da percorrere e sicuramente sarebbe stata necessaria una tappa a metà strada, ad esempio in un interessante (leggi economico) backpacker a Waipu. L'auto correva veloce (cit.) e Marco decise che avremmo potuto tirare avanti ancora un po' fino alla successiva città di Whangarei. Sara fece notare i decisamente restrittivi orari degli esercizi commerciali di questo Paese. Marco se ne infischiò bellamente con un "eh, figurati se un campeggio non ha qualcuno lì ad aspettare eventuali viaggiatori". Detto, fatto.
Arriviamo a Whangarei alle otto e quarantacinque, in una città buia e deserta, animata solo da pochi frettolosi passanti ubriachi. Individuiamo il campeggio solo grazie al GPS, in quanto persino l'insegna era spenta. In Marco cominciò a farsi strada il dubbo di aver fatto una puttanata peccato di eccessivo ottimismo, dubbio che diventò certezza quando, avvicinatosi al gabbiotto (buio e deserto anch'esso) lesse l'orario di chiusura: un laconico 8:30 che non lasciava presagire nulla di buono riguardo alla nottata... Sara, dimostrando una sorprendente calma kiwi, commentò con un "te l'avevo detto, no, che chiudevano presto?".  Si prospettava una nottata impegnativa. Decidiamo per una sosta al McDonald's più vicino, in modo da raffreddare gli spiriti, confortarci con qualcosa di buono e decidere il da farsi. Sara, ricordandomi la coperta in maccina, prospettava una notte accoccolati nell'abitacolo invaso dai bagagli. "Se devo dormire in macchina, preferisco farlo mentre viaggio." affermò di rimando Marco. E subito aggiunse "intendevo che si potrebbe fare una dormitina ogni tanto lungo il percorso, onde evitare inopportuni colpi di sonno". E mentre pronunciava la parola "inopportuni", uno zelante cameriere giunse al tavolo per informarci che di lì a cinque minuti il locale avrebbe chiuso. Inenarrabili offese attraversarono la mente di Marco mentre Sara rideva sommessamente sapendo quello che il suo compagno stava pensando del cameriere, di sua madre e del locale. Con uno scatto degno del migliore opossum suicida, Marco si lancia verso il bancone del caffé ordinando un "short black espresso, no hot water".
Risaliti in macchina, riprogrammiamo il tomtom e ci prepariamo alla nottata. Il caffè bruciato dà la giusta sferzata e ripartiamo alla volta di Cape Reinga.
Chilometro dopo chilometro, opossum dopo opossum, la penisola si srotola sotto le ruote del macinino verde che ci trasporta, mentre la notte si fa sempre più fonda. Il sonno comincia a farsi sentire e Marco decide per una prima sosta in una stradina laterale, sterrata e (manco a dirlo) deserta. Ci accomodiamo, per quanto possibile, ci copriamo con la coperta e, mentre diceva "dormiamo una ventina di minu..zzzz", Marco cadde addormentato, con un pò più di fatica Sara lo seguì. Poche decine di minuti di sonno e ripartiamo. Nuovamente la notte ricomincia a scorrere e città dai nomi impronunciabili, scure e deserte si susseguono senza sosta. Come una illuminazione, un cartello indicatore segnala, a poca distanza, la presenza di un invitante "Nocturnal park". Cosa c'è di più notturno di guidare all'una di notte? Dimentichi del paese in cui ci troviamo, seguiamo l'indicazione per alcuni chilometri fino a giungere di fronte al cancello chiuso con il solito cartello "close at 9:00pm". Interrogandoci sul significato che la parola "nocturnal" ha per i neozelandesi, torniamo sui nostri passi e riprendiamo la strada maestra.
Finalmente, tre ore di asfalto dopo, giungiamo ai confini della Apouri Peninsula e la meta comincia a sembrare a portata di mano. Sono le quattro e passa di mattina e decidiamo per una ultima sosta prima di affrontare gli ultimi centoventi chilometri. Niente luna, niente luci artificiali, solo qualche raro autotreno rendono il cielo più stellato che mai, mentre la costellazione di Orione a testa in giù ci ricorda che siamo molto, molto lontani da casa.
Comodi, coperta, sonno, sveglia, e poi strada, strada, strada fino a quando, alle sei di mattina: l'alba a Cape Reinga.

7 commenti:

Sonia R ha detto...

La storia degli opossum mi ha un tantino impressionato!! Spero li abbiate accuratamente evitati... Bellissima l'alba ed emozionante il tuo racconto!!! Grazie.
Un abbraccio

Sara ha detto...

gli opossum hanno tanto impressionato pure noi! Da sempre mi dicevo "ne vorrei vedere uno", ma non intendevo fare un'esperienza del genere! Guidavamo piano perché ci aspettavamo di incontrarne qualcuno, ma il primo ci é apparso all'improvviso e proprio non siamo riusciti ad evitarlo, poveretto! Tutti gli altri sono salvi! E ne abbiamo incontrati davvero tanti. In quanto a noi, abbiamo avuto incubi per 2 notti sognandoli che ci attraversavano la strada.....

Anonimo ha detto...

Leggendoti ci sembra di vivere in prima persona la vostra avventura.
Un bacio, mamma e papà.

Elena ha detto...

Maaaa... Dopo quest'esperienza, il tuo autista personale ha imparato gli orari rigidissimi del luogo???
Miseriaccia, ma se chiudono tutto così presto, la mattina a che ora si alzano? Alle quattro???
Ragazzi, con questo racconto mi avete fatto morir dal ridere... Mi sembrava di vedervi, appollaiati in auto, nel nulla più assoluto!
Pero' la foto dell'alba è stupenda... Forse ne è valsa la pena, che ne dite?
Un bacione da tutta la Zukk-family che vi segue con affetto!

Davide ha detto...

quello che invidio di più sono le disavventure... questo è viaggiare altro che resort e foglie mort!!

Sonia ha detto...

ciao,
l'alba è bellissima.
grazie per avre condiviso quella nottata passata a guidare, sonnecchiare, guidare ......
Sonia

★ Annarita ha detto...

che bellezza. l'alba e il tuo racconto,,nonchè gli opossum...
Noi qui stiamo già facerndo progetti (soprattutto io sto tentando si convincere il mio ragazzo), sul dopo-laurea, di passare un annetto lì......:)